XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)
Dal Vangelo secondo Luca (16,19-31)

Per riflettere…
“C’era un ricco, che indossava vestiti di porpora… Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta”.
Fin dall’inizio, questa parabola di Gesù propone un contrasto che salta all’occhio. Da un lato, c’è un uomo, ricco, che si gode la vita. Dall’altra c’è il povero Lazzaro, alla porta; un uomo che ha tanta gente che lo onora e che lo serve e un altro del quale nessuno sembra accorgersi. Tranne Dio.
Ma c’è una cosa curiosa nella parabola: questo è l’unico caso, in tutto il Vangelo, che Gesù dice il nome di un personaggio. Non è un dettaglio buttato lì a caso: il nome dice l’identità della persona che lo porta; in più, è il nome che permette di entrare in relazione.
La prova? Non vi sentite particolarmente a vostro agio quando qualcuno si ricorda il vostro nome? Oppure, quanta difficoltà mette non ricordarsi il nome della persona che ci sta davanti? O quanto è imbarazzante sbagliare nome?
Il nome è il volto della persona. E il povero, per Gesù, è conosciuto ed amato, per nome. Nella sua unicità. Di lui non si ricorda nessuno, ma Dio sì, e nel banchetto del Paradiso gli dà il posto d’onore, niente meno che accanto ad Abramo!
Il ricco, invece, un nome non ce l’ha… si dice che cosa fa, come veste, capiamo il tipo ma… il nome?!?!? Perché? Questo ricco è egoista, pensa solo a godersi la vita. Per questo per Gesù non ha nome, non ha volto, perché non può esserci relazione con chi pensa di essere il centro dell’universo, in questo mondo (e pure nell’altro)…
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