02 maggio 2015

La segnaletica della settimana

V DOMENICA DI PASQUA (Anno B)

Dal Vangelo secondo Giovanni (15,1-8)


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». 


Per riflettere...
"Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto".
L'immagine della vite è estremamente semplice ed efficace.

Perché fra vite e tralcio c'è un'unità così stretta che... non si può mai dire del tuttto quando comincia l'una e finisce l'altro. Eppure, non sono la stessa cosa! La vite, senza un tralcio, vive lo stesso, non lo stesso può dirsi del tralcio staccato dalla vite. Serve solo ad essere bruciato, e fa un fuoco così debole che non riscalda per nulla...

Perché è la vite a produrre il frutto. Il tralcio, semmai, porta il frutto. E il frutto non è per la bellezza del tralcio, né per la vite ma... per l'agricoltore!

Perché la vite, per fare frutto, come tutte le piante, deve essere potata, pulita dei rametti secchi o infruttuosi; il tralcio risulta completamente spogliato per diventare ancora più attivo e produttivo.

Perché il tralcio non è "attaccato" semplicemente alla vite: c'è qualcosa che scorre dall'uno all'altra e viceversa. E' la linfa vitale. E', in altre parole, la vita.

Quanti motivi perché questa immagine sia proprio adatta a descrivere il nostro rapporto di disceoli con il Maestro divino, con il quale formiamo un'unità stretta, al punto che i suoi frutti li portiamo noi, a gloria del Padre; per questa vita che ci scorre dentro, e che è la vita stessa di Gesù, in noi, che ci dà la capacità di amare; per le quotidiane (a volte anche dolorose) "potature" cui il Padre ci sottopone, non perché voglia vederci soffrire, ma perché sa che, togliendo da noi tutto ciò che non porta vita, diventiamo più forti, e più capaci di portare a tutti l'amore stesso di Dio.

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